La crisi economica e sociale provocata dal Covid19 ha maggiormente colpito i giovani, rendendo ben evidenti le disuguaglianze, in termini socio-economici, del sistema italiano. Per questo motivo ci siamo interrogati, come Giovani delle ACLI, sul nostro futuro occupazionale e sulle prospettive che ad oggi sembrano poco rassicuranti.
Secondo le ultime rilevazioni EUROSTAT (2020), in Italia il tasso di disoccupazione nel gruppo 15-29 anni si attesta al 22%, il dato peggiore dell’intera comunità europea dopo Grecia (29,3%) e Spagna (28,3%). L’Italia detiene inoltre il record di NEET (Not in Employment, Education, Training), pari al 23,3% della popolazione di riferimento, a fronte di una media europea del 13,7%. L’aspetto lavorativo e reddituale, comunque, è solo una parte della “asimmetria generazionale” che penalizza i più giovani, i quali sono stati colpiti anche nella loro crescita formativa, nella loro socialità e nella loro capacità di fruizione dell’offerta culturale che il Paese offre (o dovrebbe offrire).
Un Paese che non permette ai giovani di poter sognare, come pensa di poter sopravvivere?
Abbiamo quindi redatto, come Giovani delle ACLI, un documento per avviare un processo più ampio e duraturo nel tempo, in grado di rilanciare non solo le nostre attività, ma anche di contribuire alla elaborazione di un’agenda che sappia guardare ai giovani, valorizzandone le capacità e le competenze e cercando di realizzare, finalmente, una più piena integrazione nella comunità nazionale.
Sono state individuate quattro aree tematiche che a nostro avviso necessitano un’accurata analisi volta a migliorare il nostro futuro:
1) Ripensare la formazione professionale e l’apprendistato sarà un punto essenziale per la ripartenza. Il mondo del lavoro e il sistema formativo-educativo della scuola sono disallineati ed erroneamente concepiti come due mondi distinti. Come Giovani delle Acli, accogliamo con soddisfazione la “Riforma degli ITS” contenuta nel PNRR (M4C1.1), che prevede un rafforzamento del sistema di istruzione professionale terziaria attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico. Anche secondo i dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) un solido sistema di istruzione professionale conduce a migliori risultati nel mercato del lavoro. Riteniamo infatti che i cambiamenti in atto nel mondo del lavoro richiedano nuove modalità di apprendimento e, di conseguenze, una nuova didattica, capace di integrare sapere e saper fare.
Come ben descritto dalla proposta lanciata dai Giovani Democratici di Milano, sarebbe poi opportuno un progressivo abbandono dell’utilizzo del tirocinio extracurriculare come strumento di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, a favore di una diffusione della cultura dell’apprendistato.
2) Il Paese dovrà essere in grado di sostenere la creatività e l’imprenditoria giovanile. L’augurio è che, come sostenuto anche dal Ministro per le Infrastrutture Enrico Giovannini, si proceda speditamente verso un sistema coerente ed efficace di sostegno all’imprenditoria giovanile in più settori, non limitandosi soltanto a quello turistico o di realizzazione di start-up. Inoltre, alle risorse del PNRR, se ne aggiungono ulteriori che possono favorire l’allargamento dell’estensione di questo sostegno ai giovani imprenditori, come il Fondo di Sviluppo e Coesione, fondi europei e fondi pluriennali di investimento. Servirà però una misura capace di integrarsi in una filiera nazionale e regionale di incentivi all’impresa già esistenti, offrendo alle nuove generazioni percorsi di crescita personale reali e mirati alla costruzione di un futuro solido.
3) Anche in Italia, come in altri Stati occidentali, si sta assistendo ad una crescente attenzione alle attività di volontariato e dell’esperienza di Servizio Civile Universale come percorso di volontariato istituzionalizzato, incoraggiato come strategia capace di favorire l’impiego giovanile e sostenerne l’occupabilità, come si legge del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In quest’ultimo documento, il ruolo del Servizio Civile Universale viene proposto in due delle sei missioni contemplate: nella Missione Uno, intitolata “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura”, e nella Missione Cinque, dedicata a “Inclusione e Coesione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dunque, vuol favorire un incremento del numero di giovani tra i 18 e i 28 anni che possano accedere ad un percorso di apprendimento volto ad accrescere le proprie conoscenze e competenze, soprattutto di carattere trasversale (le c. d. soft skill). Naturalmente, il riconoscimento del carattere strategico delle competenze trasversali non deve sminuire il valore del sapere e delle competenze specifiche che ne derivano (le hard skills). L’importante è riconoscere che quest’ultime non si attivano se non intrecciandosi con le competenze personali di ciascuno (le soft skills, appunto). Come giovani delle Acli crediamo che il Servizio Civile possa costituire, oltre che un valido percorso di crescita e orientamento professionale, anche un mezzo per consentire a chi lo svolge di “riconnettersi” politicamente e socialmente come cittadini, interagendo con le comunità locali e riducendo i rischi sociali di una società sempre più individualizzata, caratterizzata dal frantumarsi di istituzioni di riferimento.
4) Dai centri per l’impiego alle Case del Lavoro: per la creazione di un nuovo “spazio”, che sia anche per i giovani. Abbiamo bisogno non di singoli centri, ma di Case del Lavoro: luoghi, fisici e digitali, piattaforme e occasioni dove tutti possano sentirsi a casa. Anche grazie al contributo delle Acli e del Terzo Settore in generale, in sinergia con gli attori pubblici, secondo il più sano principio della sussidiarietà orizzontale, le Case del Lavoro possono diventare qualcosa di più di meri sportelli: case della formazione, in grado di orientare e di prendere realmente in carico le persone. Accogliamo e sosteniamo con forza la proposta del presidente nazionale Emiliano Manfredonia. Le Case del Lavoro, soprattutto per i giovani, possono essere luoghi di formazione, orientamento verso il lavoro, l’autoimpiego e l’imprenditorialità. La creazione di Case del Lavoro sui territori e nelle periferie consentirebbe così di creare una rete capace di ottimizzare i servizi per l’occupabilità dei giovani, come ad esempio il matching fra domanda e offerta di lavoro o all’erogazione di corsi di formazione strutturati e continui).
La co-programmazione e co-progettazione saranno le chiavi con le quali aprire i lavori, intrecciando le misure nazionali con il locale e ridando ai giovani un ruolo centrale non solo nelle parole, ma con i fatti.